martedì 24 dicembre 2013

un pò di bellezza...

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-798e39d3-0dec-4fea-bd92-f2da51c194b6.html

martedì 17 dicembre 2013

16 dicembre 2013, ore 7.40




C’è, nel mio cuore, bisogno di poesia.
E desiderio di lentezza dove riuscire a cogliere le sfumature, i dettagli, la bellezza, le pause. 
Le paure.
Ho bisogno di colore, calore e gioia negli occhi.
La tristezza diventerà il mio trampolino di lancio verso una felicità ancora più pro-fonda.

lunedì 25 novembre 2013

Plotino, Enneadi - note e commentario in P. Hadot, Traité 38

[...] allora certamente non scambierebbe Lui con nessuna di tutte le altre cose, anche se le venisse offerto il cielo intero, poiché sa che nulla vi è di più prezioso e migliore di Lui, così, in quel momento le p dato di giudicare e di sapere perfettamente che "Lui" essa desiderava, e può affermare che non vi è nulla di preferibile a Lui (nessuna menzogna è infatti possibile: dove trovare un più autentico vero? Ciò che essa dice, dunque: "E' Lui", lo pronuncerà anche più tardi, ora lo esprime col silenzio e, colma di gioia, non si sbaglia, proprio in quanto colma di gioia, non dicendolo essa a causa di un paicere che le solletichi il corpo, ma essendo invece diventata ciò che era quando un tempo era felice) ... Se accadesse che venissero distrutte tutte le cose intorno ad essa, sarebbe esattamente ciò che vuole, purché soltanto fosse insieme a Lui: così grande è la gioia cui essa è pervenuta.

sabato 9 novembre 2013

26-27-28 ottobre 2013 - dieci giorni dopo, scrivo



Pare che l’esperienza estetica sia quell’esperienza che l’essere umano fa quando incontra con i sensi e con il corpo tutto qualcosa in cui si ri-conosce, qualcosa che egli riesce a condurre nuovamente ad uno spaccato del suo passato, un pezzo di vissuto buono che affiora nuovamente.
I tre giorni che ho trascorso in Toscana la settimana scorsa sono stati questo: una eccezionale esperienza estetica tra emozioni, sentimenti, sensazioni e percezioni del bello.
Una passeggiata solitaria per il centro di Firenze in una giornata primaverile di fine ottobre, sotto ad un cielo così blu da togliere il fiato, cullata dall’andamento costante dell’Arno, guidata dai colori e dalle forme delle strade, dei palazzi. Ho vagato, da sola, con il cuore piantato nel presente, colmo di gratitudine.
La stessa passeggiata l’ho ripetuta la sera, in compagnia di Simone e Mirko: stessi luoghi, stesso modo di passeggiare senza meta ma con uno stato d’animo completamente diverso: in quelle due ore ho riso a crepapelle, ho sorriso, ascoltato, parlato, raccontato, guardato. La luce non era più quella dell’imbrunire ma quella artificiale dei lampioni sul Lungarno, dei fari puntati sulle facciate degli innumerevoli palazzi meravigliosi sparsi qua e là. La luce era anche quella che traspariva da dietro le tende appese alle finestre, a celare lo scorrere delle vite.
Era talmente tanta l’eccitazione di portare la mia vita sotto quel pezzo di cielo, a respirare quell’aria, quell’odore così diverso da casa ma così tanto familiare, che avrei girato e girato e girato ancora, ancora, ancora. Per rimandare il più possibile la fine di quel momento di bellezza allo stato puro.
Il giorno dopo è stato il tempo per la mia nonnina.
Ho preso il treno da Firenze a T. Non accadeva da tantissimi anni. È stato un viaggio emozionante, denso di ricordi, aspettative, paure, gioie, impazienza.
È venuta a prendermi la zia Margherita in stazione, siamo andate a M. 
La prima cosa che ho fatto è stata comprare un bellissimo ciclamino bianco, poi sono andata al cimitero, a piedi, con la pianta in braccio (l’ho tenuta vicino al cuore, appoggiata al fianco sinistro, come faccio con i bambini – quasi a voler trasmettere l’energia più buona che ho dentro). Ho camminato lentamente, mi sono appoggiata al silenzio, ho tagliato l’aria dolce da cui mi sono sentita abbracciare, ho assaporato ogni istante, ogni passo, ogni respiro. Quando sono arrivata davanti al cimitero, avvolta dall’ombra dei cipressi, mi sono sentita emozionata, come se avessi avuto la possibilità di reincontrarla, riabbracciarla, baciarla di nuovo, ancora. La mia nonna. Non mi sono detta che non era possibile, mi sono lasciata trasportare da tutte le sensazioni che mi attraversavano in ogni direzione: cuore – testa, testa – gambe, gambe – cuore, mani – cuore, cuore – occhi, occhi – mani. E mi è sembrato di ascoltare la sua voce, di sentire la sua mano sulla pelle del mio viso a darmi una carezza; la sentivo dietro di me, un alito di amore dietro alla mia schiena. E lacrime calde che scendevano ininterrottamente dai miei occhi. Le ho lasciate correre, per sentirmi più viva, più io. Per liberarmi anche. Forse.
Senza pudore. Mi ripetevo: se piangi dentro e non fuori contemporaneamente annegherai la tua forza (M. White, La narrazione come terapia, pg. 123). Sentivo felicità.
Piangevo ma avvertivo una felicità sconfinata. Piangevo e avvertivo una felicità sconfinata.
Sentivo che era felice di avermi lì, vicino a lei. Quel pezzo di famiglia che tanto le somiglia, forse, che più le somiglia. Questo sono io. Questo è il legame carnale, viscerale, karmico con lei. Una similitudine nei tratti, nel carattere, nello sguardo. Ho fatto fatica ad accettarne gli errori commessi con mia madre quando lei era bambina (e poi più adulta), ma curarla nei suoi ultimi mesi di vita mi ha insegnato ad amare e apprezzare tutto di un essere umano – che è imperfezione e meraviglia.
Sono stata nella cappella un’ora circa. Non riuscivo ad andare via. Volevo restare. Mi sentivo trattenuta lì, per il petto. Come facevo per muovermi verso l’uscita mi mancava il respiro. Allora tornavo ai piedi del ciclamino e mi lasciavo toccare dal ricordo, dalle lacrime, dalla gratitudine, dalla gioia di vivere e dal coraggio di morire che ha avuto. Il suo insegnamento più grande, l’ultimo.
Sono andata via solo quando avevo sentito di averla accarezzata e baciata e abbracciata sufficientemente – fino alla prossima volta. Rendendomi conto che nel cuore e nel corpo saremo sempre l’una nell’altra.
Tornerò. 
Mi è servito andare, stare, ritornare per confermare la presenza di un riferimento, un rifugio. Quella terra che ha dato i natali ad un pezzo del mio DNA è il nido al quale posso recarmi quando sento il desiderio o il bisogno di confortarmi. Ho camminato, ne sentivo un gran bisogno. 
In quella terra sento la vita di una parte delle mie radici.
Poi ho fatto sosta “al mercato”, la piazza – ritrovo dove ho trascorso pomeriggi e sere della mia adolescenza, dove sono nate alcune delle più belle amicizie che ancora mi legano a persone splendide. Tantissime foglie gialle ricoprivano il terreno e la ghiaia: un tappeto colorato che mi parlava di malinconia, di passato, di ricordi, di un pezzo di vita che è trascorsa e continua ad esserci nei mattoncini che ha sedimentato nella mia identità, nella mia personalità, nel mio modo di esprimermi e manifestarmi ora.
La sera di nuovo il viaggio in treno verso Firenze, il rientro a casa accolta dalla gioia dei bambini: il loro entusiasmo, la loro genuinità ha alleviato la mia stanchezza. Loro non lo sanno – forse – del regalo straordinario che mi hanno fatto; uno scambio di sorrisi, fiducia, amore, parole e conforto, denso, fitto, fluido. Dolce.
Quando sono salita sul treno che mi avrebbe riportata a casa, a Genova, ho sentito di aver fatto un prezioso dono alla mia vita. Lasciare casa da sola, orientarmi, lasciarmi andare e trasportare senza cercare l’appoggio, il consenso, l’approvazione di nessuno mi ha fatto sentire autonoma, perfettamente in grado. La prossima volta mi piacerebbe condividere il pacchetto delle mie emozioni con lui. Sarebbe il passo in avanti, oltre lo schema che di solito uso nel vivere e gestire le mie emozioni: costruisco intorno a me una cinta muraria e mi rannicchio lì dietro, mi gongolo nella tristezza, nella rabbia, nel senso di vuoto e abbandono. Poi rinasco. Sempre, rigorosamente, da sola. Ma voglio farcelo entrare in quello spazio mio, intimo, voglio aprirgli un varco in quella cinta e mostrargli anche quelle stanze senza luce; che mi appartengono tanto quanto quelle piene di vita e sole.

martedì 22 ottobre 2013

M. White - La narrazione come terapia

Non ci sono scelte più facili [...] L'unica scelta è tra un grande sforzo a breve termine e una fatica cronica a lungo termine.

Ieri, 21 ottobre

Ho riempito la vasca con l'acqua calda, caldissima. Ho lasciato accesa soltanto una piccola lampadina, quel tanto che bastasse a fare luce nell'ambiente, giusto per godere dello spettacolo delle ombre, della pelle bagnata piena di lucore.
Quando mi sono immersa la sensazione è stata quella di ritornare allo stadio primordiale dell'estasi e della felicità, della tranquillità e della protezione: lo stadio embrionale. Quell'umidità calda, il tepore intorno, dentro, il silenzio, la penombra. L'utero materno, il guscio vitale, la conchiglia nel mare della vita.
Far scorrere via l'acqua è stato come rinascere, fuoriuscire di nuovo, esporsi all'aria fredda, la gravità, il respiro vuoto.
Meraviglioso sentire il corpo, le insenature di carne, le curve, le linee regolari: un confine fisico tra il dentro e il fuori. Due dimensioni della stessa vita. Due momenti in uno.
Respiro, sento, ascolto, osservo, gioco.
Riprendo possesso del mio tempo, del mio spazio, della mia sete di gioia.

domenica 20 ottobre 2013

G. Conte (1945)

L'amore vero, tu lo sai, è volere
la gioia di chi non ci appartiene
è questo uscire, traboccare

da se stessi, come il sangue dalle vene
per un taglio, è l'irrinunciabile.
amore energia mutabile
eterno bene


sabato 19 ottobre 2013

Da quanto

tempo non sentivo il desiderio di mettere in ordine lettere, segni grafici, parole, sospensioni.
Troppo. Certamente troppo tempo.
E come sempre è gioia poterlo fare.
Il calore di una candela, il profumo della notte e la danza delle note...
Prima suona Ancora, poi Ritornare... Monday... Divenire e subito dopo Nuvole Bianche...
Amore è il cuore del Budda.
Amore è questo sentire, un'esplosione di stelle.

mercoledì 9 ottobre 2013

Georges Friedmann, 1942




Fare il proprio volo ogni giorno! Almeno un momento che può essere breve, purché sia intenso. Ogni giorno un “esercizio spirituale”, da solo o in compagnia di una persona che vuole parimenti migliorare... uscire dalla durata. Sforzarsi di spogliarsi delle proprie passioni, delle vanità, del desiderio di rumore intorno al proprio nome (che di tanto in tanto prude come un male cronico). Fuggire la maldicenza. Deporre la pietà e l’odio. Amare tutti gli uomini liberi. Eternarsi superandosi.
Questo sforzo su di sé è necessario, questa ambizione giusta. Numerosi sono quelli che si immergono interamente nella politica militante, nella preparazione della rivoluzione sociale. Rari, rarissimi quelli che, per preparare la rivoluzione, se ne voglio rendere degni.

martedì 27 agosto 2013

Cit. M. A. G. C.

"Quando crescerai, ti prenderai le tue responsabilità e non comporterai piu come un ragazzino? non ti rendi conto che il tempo scorre e non hai ancora combinato nulla della tua vita? non riuscirai mai a combinare nulla se perdi il tempo dietro a sciochezze simili."
Per anni ho cercato di trovare una risposta a queste domande,senza mai trovarla e sapete perche?
Perchè crescere significa non riuscire più a divertirsi con le cose semplici come una partita a guardia e ladri con gli amici oppure disegnare semplicemente per il gusto di farlo anche se quello che disegni verrà scambiato per un coniglio e tu avevi disegnato una giraffa, significa perdere gradualmente la fantasia e l'emozione di sognare cose assurde o probabilmente impossibili, significa perdere fiducia un pò alla volta nelle persone e di conseguenza nel valore dell'amicizia, significa non riuscire piu a credere nell'amore puro quello che anche non ricambiato ti fa sentire vivo perchè provi tante emozioni da farti muovere le montagne, significa non riuscire a godersi neanche le cose semplici che ti dà la vita come un cielo stellato o una camminata a piedi scalzi su un prato.
Ecco questo secondo me significa crescere e finchè non arriverà un'epoca in cui crescere significhi il contrario di adesso, io preferisco rimanere un bambino troppo cresciuto, perchè i bambini si che sanno vivere.

domenica 25 agosto 2013

Pensando

Così perdersi diventa la ricchezza del ritrovarsi poi.
Con gli occhi negli occhi, le mani ad accarezzare la pelle, le lacrime sul punto di sgorgare, calde, a testimoniare quanto forte e grande può essere la gioia di sentirsi l'uno nel cuore dell'altra.
E la preziosità del rendersi conto del valore enorme, immenso, incommensurabile dello stare insieme, del potersi vivere, amare, godere.
Non esiste nulla di più Bello. Nulla.
Tu che mi sei vita, calore, gioco, amore.
Imparerò a perdonarmi gli errori che ho fatto, l'essermi lasciata anche soltanto guardare da persone rivelatosi false, ipocrite e non degne. Imparerò a rispettarmi guardando al valore che tu mi dai.

giovedì 1 agosto 2013

Confessioni

Dolce apparizione, guarda come
mi abbandono ai tuoi giochi;
altri hanno mete, scopi,
a me basta questo vivere.

Tutto ciò che muove i miei sensi
mi sembra metafora
dell'infinito e dell'Uno
che sempre ho sentito vivo.

Per leggerne i geroglifici
vale la pena vivere,
poiché l'eterno, l'essenza
riconosco dentro di me.


H. Hesse

lunedì 29 luglio 2013

da "Lezioni d'amore"

"Fare l'amore" è un'espressione che va presa alla lettera. Va precisato però che non sempre coloro che fanno l'amore "fanno l'amore", creano amore, lo incrementano, fanno essere qualcosa di più o qualcosa che prima non c'era. Quando davvero "si fa l'amore" si esce felicemente da sé e si può persino creare, all'improvviso o a poco a poco, un amore che prima non c'era, e persino che non c'è quando non si fa l'amore. Quando si fa l'amore senza crearne uno nuovo, prende il potere il carattere dell'uno o il carattere dell'altro. Quando si fa l'amore e lo si fa, si diventa animali felici e intelligenti.

A. Berardinelli

domenica 7 luglio 2013

Pensiero di adesso

Il disgelo dell'amore.
La primavera del mio cuore nel tuo.

6 luglio 2013 - 9:10 p.m.




Luci, profumi, rumori, silenzi, colori.

giovedì 27 giugno 2013

Per te, nonna

Guardando "Amour" ho rivissuto tutta la tua malattia nonnina.
Tutta la sofferenza e la tristezza e l'amore che solo la malattia è in grado di suscitare sono riaffiorate e mi hanno fatto piangere. Sono state lacrime di dolore, tristezza ma soprattutto amore.
La vita mi ha fatto questo grande regalo nonnina, mi ha fato crescere, capire, sentire, vivere e assaporare il significato più profondo e autentico dell'esistenza.
Non dimenticherò mai l'esperienza straordinaria che mi hai fatto vivere. Mai.
Grazie.

Grazie.

s.

domenica 23 giugno 2013

Fluttuare

Oggi è stata una domenica diversa.
Forse per il vento di mare carico di sale, forse il silenzio di casa mia, la solitudine intorno cercata, voluta... non so cosa ha reso questa giornata diversa, lenta, libera, piena.
Ho impastato e come al solito affondare le mani in qualcosa di caldo e vivo mi aiuta a distendere i pensieri, il cuore, lo sguardo sulla rabbia. Ho mescolato acqua, farina, olio e lievito madre per il mio primo pane senza lievito di birra, impastato interamente dalla forza delle mie braccia. Poi ho preparato la pasta frolla per la crostata. La casa è invasa dal profumo tenue, appena percettibile, delicato del buono della vita.
Chissà perché sento il desiderio di produrre cose buone da mangiare che mi riportano alle radici dell'esistenza in un periodo preciso del mese; pare essere una scadenza, un appuntamento non fissato ma comunque realizzato con desiderio e immenso piacere.
Potrei dire che gli ingredienti speciali di giornate come questa sono:
* il silenzio
* la solitudine
* la ciclicità della fertilità femminile
* il desiderio di toccare la vicinanza di chi mi è lontano
* la lentezza
* la poesia dentro al cuore
* il soffio leggero delle vibrazioni di Einaudi
* l'arrivo spontaneo e non programmato di quanto sopra.



sabato 8 giugno 2013

8 giugno - 11:26 p.m.

Sono tante le cose che non capisco, infinite quelle che proprio non riesco, non voglio capire.
Ma della vita continuo a sorridere, nonostante e grazie a.
Alla vita continuo a parlare, a non negare abbracci, baci e conforto.
Questa vita che mi è così cara. Questa vita che mi è tutto.


Ieri

Francesco: Ma come mai vai a vivere in Brasile?
Paolo: Perché è un desiderio che ho da molto tempo.
Francesco: Ma non torni più? Stai là per sempre?
Paolo: Non lo so, l'idea è quelal di rimanere là... Ma poi, sai, nella vita tutto può succedere...
Francesco: Ma perché vai così lontano?
Paolo: Perché mi piace tantissimo quel posto... A te cosa piacerebbe fare? Qual è un desiderio grande che hai?
Francesco: Andare sulla luna e assaggiarla.

Il resto della conversazione è di poco conto.
Dialogo tra Paolo, 35enne futuro emigrante in Brasile, mio carissimo amico, e Francesco, 8 anni, a cui faccio da tata da 3.

mercoledì 22 maggio 2013

Gustando le prime ciliegie di questo anno meravigliosamente intenso

Io ballo scalza, dormo nuda, mangio ciliegie, conto le stelle, piango di gioia, sospiro, abbraccio con il cuore, incontro con gli occhi, dico con le parole, parlo con i pensieri. Mi abbandono nell'acqua del mare, ascolto il fruscìo delle fronde mosse dal vento, guardo le nubi, ascolto tutto, mi mescolo alla dolcezza dei bambini, alla loro innocenza, alla loro purezza e cerco di imparare di nuovo la bellezza di essere come loro sanno essere.
Credo. Nella vita, prima che in ogni altra cosa.

mercoledì 8 maggio 2013

8 maggio 2013

Così, ventiquattro ore fa, mentre la mia serata proseguiva con la consuetudine della tranquillità, a poche centinaia di metri in linea d'aria da casa mia, accadeva un incidente assurdo, improbabile, inspiegabile, eppure vero. Accadeva una di quelle cose a cui mai nessuno penserebbe, una di quelle cose che soltanto ipotizzandola fa venire da dire: "ma figurati!". E invece si. Invece quella gente è morta così, svolgendo un turno lavorativo notturno, scambiandosi qualche battuta, magari bevendo un caffè, ridendo di qualcosa; oppure con la piena e totale consapevolezza di quel che sarebbe loro accaduto di lì a pochi istanti. Perché questo è la vita: un insieme di frammenti, un fagotto di immagini, suoni, odori, sentimenti, emozioni, corpi, pensieri da custodire attentamente, gelosamente. Il fagotto più prezioso che si ha. Ora, in questo frangente, sotto questo spazio di cielo. Non tra un'ora, nemmeno cinque minuti fa. Ma adesso. Che è anche - contemporaneamente - prima e dopo.
Della fragilità dell'esistenza mi stupisco sempre. Della vulnerabilità degli istanti. Della precarietà di se stessi. Della magia dell'energia. E finché sento stupore sento vita, curiosità, presenza.
Fare quel che mi smebra importante fare, dire quel che sento essere importante dire. Aprirmi, non chiudermi. Guardare, non voltarsi. Accogliere, non respingere.

Ogni tanto me lo ripeto. Apertura, accoglienza, abbraccio, ascolto. Di tutto.

ps: la settimana del mio compleanno negli utlimi anni sta diventando pezzo dell'anno interessante.... Sono curiosa di vederne gli sviluppi. Che, già so, saranno meravigliosamente interessanti.

lunedì 29 aprile 2013

Allontanarsi -

Di te
che te ne vai
e
della lacerazione
che mi duole
alla pelle,
alle ossa,
alla carne del mio cuore.
Ma soprattutto
delle lacrime
che
non riesco a piangere.

22 aprile 2013

Ho bisogno di leggerezza.
Ho voglia di lasciare andare la zavorra inutile di un passato messo laddove deve stare, cioè al suo posto.
Ho il diritto di non avere più voglia di parlarne, dirne, per giustificarmi, spiegarmi.
Ho il diritto di decidere chi, cosa, perché vedere, dire, sentire, ascoltare. Senza dover rendere conto a nessuno che non sia il mio cuore.
Ho voglia di leggerezza.
Ho voglia di dare spazio ed energie alle cose belle che sono della mia vita.
Della rabbia, dell'amarezza, della delusione adesso non voglio più dire. Perché già tanto ho saputo, troppo ho ascoltato.
Ora è al bello che voglio dare voce.

lunedì 8 aprile 2013

Sul treno - 8 aprile 2013, ore 12,17

Lascio di nuovo questo spazio pieno di ricordi e di immagini speciali: le gemme pronte a dare spettacolo; i fiori aperti a quella poca luce che le nubi, di tanto in tanto, lasciano filtrare; il calore del sole; l’amore dei miei gattini; il silenzio, la quiete delle colline colme di viti che attendono la nuova vita che nasce ad ogni primavera; l’eleganza di un meraviglioso capriolo che – curioso – osserva il treno passargli a qualche decina di metri.
L’angolo del mio paradiso. Anzi, il paradiso, qui, è in ogni angolo. Perché della semplicità si fa vessillo, portatore, custode. Della semplicità della Vita, che è – oggi, per me – amore, tristezza, sofferenza, ricordo, incontro, abbraccio, silenzio.

mercoledì 3 aprile 2013

ARRENDERSI AL CORPO - A. Lowen [estratti] --- bozza

Estratti dal Primo Capitolo

Le tensioni muscolari croniche si riscontrano in tutto il corpo come segni di impulsi bloccati o di sentimenti perduti. [...] Ogni tensione rappresenta una limitazione della capacità di esprimersi dell'individuo [...] La tensione muscolare cronica è il lato fisico del senso di colpa [Quest'ultimo] è il sentimento di non avere il diritto di essere liberi, di fare quel che si vuole.
Senza la libertà interiore di sentire profondamente e di esprimere pienamente i propri sentimenti non può esserci gioia.

Vivere nel profondo del proprio essere può risultare doloroso o spaventoso all'inizio, ma può anche essere appagante e gioioso, se abbiamo il coraggio di attraversare l'inferno per raggiungere il paradiso.
[La] concezione (di ispirazione mitologica) [...] equipara il diaframma alla superficie della terra. La metà del corpo posta sopra al diaframma è alla luce del giorno, la parte sotto, ossia il ventre, è nell'oscurità della notte e dell'inconscio. La mente conscia ha un certo controllo sui processi della metà superiore del corpo, ma scarso o nessun controllo sui processi che hanno luogo nella metà inferiore, che include le funzioni della sessualità, dell'escrezione e della riproduzione. Questa parte del corpo è strettamente connessa alla natura animale dell'uomo, mentre le funzioni della metà superiore sono più soggette alle influenze culturali. Il modo più semplice di descrivere la differenza è dire che mangiamo come esseri umani ma defechiamo come animali. Forse perché la metà inferiore del corpo è associata con la nostra natura animale, le sue funzioni, specialmente la sessualità e la motilità, possono produrre esperienze estremamente piacevoli, perfino estatiche.


Estratti dal Secondo Capitolo

La repressione [di paura, rabbia e tristezza] e la concomitante tensione riducono la mobilità del corpo, producendo uno stato di vitalità ridotta o depressa. [...] il vero amore non può essere guadagnato o meritato grazie a una qualche prestazione. [...] la depressione verrà meno se l'individuo è capace di sentire e di esprimere sentimenti.

La salute emotiva è la capacità di accettare la realtà e di non sottrarsi ad essa.

Per conoscere noi stessi dobbiamo sentire il nostro corpo.


Estratti dal terzo capitolo

La paura è connessa alla profondità della paura.
Gli occhi che non piangono diventano duri, fragili e asciutti, cosa che può danneggiare la loro funzione visiva.
[...] generalmente si piange quando il trauma o l'offesa sono cessati. L'urlo, d'altra parte, è un tentativo di sviare il trauma o, quanto meno, limitare l'attacco. E' un'espressione aggressiva. mentre il pianto è il tentativo del corpo di sciogliere la sofferenza che fa seguito a un'offesa.
Lo si vede dall'oscurità degli occhi, dalla tristezza dell'espressione, dalle mascelle serrate e dalla rigidità del corpo. Hanno perduto precocemente nell'infanzia la capacità di godere, quando la loro innocenza fu spezzata e la loro libertà distrutta.

Vivere la nostra vita pienamente da esseri umani richiede la capacità di piangere liberamente e profondamente.
Quando i pazienti mi dicono di aver pianto abbastanza, io sottolineo che il pianto è come la pioggia che scende dal cielo a fecondare la terra.
Piangere protegge il cuore. E' l'unico modo per sciogliere il dolore di un cuore spezzato, di un amore perduto.
Portiamo troppa sofferenza nei nostri corpi per abbandonarci al sé. La nostra tristezza raggiunge la disperazione, che dobbiamo negare per motivi di sopravvivenza.
Sfortunatamente, molte persone sono cieche all'espressione corporea, avendo imparato molto precocemente a credere alle parole che si odono più che a ciò che si sente.


Estratti dal quarto capitolo

Piangere è il processo di disgelo, decontrazione e apertura alla vita.
Trattenere il respiro è un mezzo per resistere all'abbandono al corpo e alle sue sensazioni; è una resistenza inconscia.

Ma tutta la volontà del mondo non è d'aiuto a una persona che manchi dell'energia per realizzare quella volontà. [...] Non c'è bisogno della forza di volontà per fare ciò che si desidera fare. Non c'è bisogno di usare la volontà quando si ha un forte desiderio. Il desiderio di per sé è una carica energetica che attiva un impulso che provoca azioni libere e generalmente soddisfacenti.

I pazienti non si concedono di piangere perché hanno paura della profondità della loro tristezza che, in molti casi, sfiora o arriva alla disperazione. [...] Ma senza qualche sentimento di gioia, la vita è vuota, spaventosa e dolorosa.

Il dolore della solitudine è l'aspetto fisico della paura di essere soli. Questa paura crea il bisogno di altre persone e attività che distraggano l'individuo dal sentirsi solo. [...] Le persone possono stare sole se possono stare con se stesse. Ma se non si ha un senso forte e sicuro di sé, stare da soli significa sentirsi vuoti. Il sentimento di solitudine nasce da un senso di vuoto interiore che è una conseguenza dell'essersi esclusi dai sentimenti.
Non si può essere soli se si è emotivamente vivi. Si può essere soli, ma sentirsi parte della vita, della natura e dell'universo. Molti preferiscono stare da soli piuttosto che vivere i conflitti che oggi sembrano parte integrante delle relazioni. Altri accettano di stare da soli perché non hanno trovato la persona con cui desiderano condividere la loro esistenza. Tali persone non sono sole, non soffrono e non si sentono vuote. Senza la capacità di stare soli, si è persone bisognose che cercano all'esterno qualcuno che possa colmare il loro vuoto. Non c'è gioia in questo tipo di vita, giacché viene vissuta solo al livello di sopravvivenza, ossia: "Non posso vivere senza di te".

Se l'amore è una relazione speciale tra due individui è solo perché l'amore è un sentimento speciale. E' l'amore a rendere speciale una relazione e non la natura speciale degli individui a rendere amorosa la relazione.


Estratti dal capitolo quinto

La collera si sviluppa quando una persona sente che il suo potere è ostacolato o frustrato.
I bambini la cui capacità di esprimere rabbia non sia stata danneggiata, non diventeranno adulti collerici.
La tensione nei muscoli della spalla, tra le spalle e le scapole e tra queste ultime e la spina dorsale [...] denota quanto sia gravemente bloccata l'espressione della rabbia.
La rabbia è una reazione naturale ala perdita di libertà. Ciò significa che ogni tensione muscolare cronica nel corpo è associata con la rabbia. Naturalmente, se non si percepisce la tensione, non si sente neanche la rabbia. Si accettano come qualcosa di normale le limitazioni di movimento e la mancanza di libertà, come uno schiavo accetterebbe la condizione di schiavitù senza nessuna rabbia.
Gridare e urlare, per esempio, esprimono collera e frustrazione, più che rabbia. Si deve ricordare che l'obiettivo legittimo della rabbia non è il controllo degli altri, ma la salvaguardia della propria integrità e dei propri sentimenti positivi.