mercoledì 9 marzo 2011

Attesa - respiro - desiderio - sorpresa

Per descrivere il qui e ora avrei bisogno di tempi e spazi di cui al momento non dispongo.
Mi sento molto stanca ma decisamente positiva verso il mio domani, verso il mio nuovo.
E mi sento anche libera. Finalmente libera di vivere l'attesa dell'incontro, il respiro vicino, il desiderio di guardarsi, la sorpresa delle emozioni.
Libera nella mente, soprattutto. Nel corpo al momento non sono del tutto libera; forse è meglio dire che non sono del tutto libera nello spazio più che nel corpo. Lo spazio al momento è ancora condiviso, ma a tempo determinato.
Ecco l'attesa. L'attesa di una situazione, di un incontro, di uno sguardo, di una chiacchierata, di un conforto, di uno sguardo nello sguardo, di una mano che si avvicina, di un corpo che si allontana. L'attesa di una fine, di un inizio. La pazienza è l'unico strumento che mi può aiutare, l'unico alleato in questa battaglia tra posizioni, sensazioni, sentimenti che si contrappongono, si sfidano, non dialogano.
Come potrei attendere, come potrei cercare, scovare la pazienza nel mio cuore, nella mia essenza, se non basassi tutto sul mio respiro, sul respiro della mia esistenza?
Un respiro lento, dolce, costante, ritmato, presente, importante.
La pazienza è la virtù dei forti, e su questo direi che non ci sono dubbi. Aggiungerei il coraggio. E la saggezza.
E il desiderio? Il desiderio è quel qualcosa che spinge ad andare oltre. E' la linfa vitale per la crescita, il cambiamento.
La sorpresa invece condisce, colora, modella. Che cosa? La vita. La vita che è il qui e ora, l'abitudine, la consuetudine, il conosciuto, l'orario. E la sorpresa stravolge ogni ordine, ogni familiarità dei gesti, dei movimenti del corpo, della mente. La sorpresa può essere anche la scoperta di qualcosa che c'è sempre stato ma non è mai stato visto, o non si è mai avuto il coraggio di accoglierlo.

Il mio qui e ora è attesa, respiro, desiderio, sorpresa.
Tutto questo per migliorare qualitativamente la mia vita; tutto questo per non rovinare la delicatezza di quel qualcosa di prezioso che è sbocciato.