martedì 22 ottobre 2013

Ieri, 21 ottobre

Ho riempito la vasca con l'acqua calda, caldissima. Ho lasciato accesa soltanto una piccola lampadina, quel tanto che bastasse a fare luce nell'ambiente, giusto per godere dello spettacolo delle ombre, della pelle bagnata piena di lucore.
Quando mi sono immersa la sensazione è stata quella di ritornare allo stadio primordiale dell'estasi e della felicità, della tranquillità e della protezione: lo stadio embrionale. Quell'umidità calda, il tepore intorno, dentro, il silenzio, la penombra. L'utero materno, il guscio vitale, la conchiglia nel mare della vita.
Far scorrere via l'acqua è stato come rinascere, fuoriuscire di nuovo, esporsi all'aria fredda, la gravità, il respiro vuoto.
Meraviglioso sentire il corpo, le insenature di carne, le curve, le linee regolari: un confine fisico tra il dentro e il fuori. Due dimensioni della stessa vita. Due momenti in uno.
Respiro, sento, ascolto, osservo, gioco.
Riprendo possesso del mio tempo, del mio spazio, della mia sete di gioia.

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