mercoledì 4 agosto 2010

Un altro giro di giostra - T. Terzani

da pg. 129:
"E' ovvio che una civiltà si riflette in ogni sua espressione e la medicina americana, certo la più avanzata del mondo, rifletteva quella aggressività imperialistica nei confronti della quale aumentava sempre più la mia ostilità. Con la caduta del muro di Berlino e il suo trionfo nella Guerra Fredda, l'America non aveva più alcun ritegno a mostrarsi come si sentiva: la più alta realizzazione dell'uomo, la più grande potenza mai esistita sulla Terra. Quel concentrato di arroganza produceva ormai una civiltà che non conosce limiti, che sente come naturale il diritto a imperare sugli altri e che non teme di "distruggere per salvare", come ebbe a dire quel generale americano in Vietnam, dopo aver raso al suolo un intero villaggio per liberarlo dai Vietcong."

da pg. 153:
"[...] così è la vita: è tutto e il contrario di tutto, è stupenda e crudele. Perchè la vita è anche la morte, e perchè non c'è piacere senza dolore, non c'è felicità senza sofferenza."

da pg. 169:
"E questo perchè la filosofia, nel vero senso di 'amore del sapere', non è mai stata in India un'attività intesa a costruire astratti sistemi di valori, ma piuttosto intesa a dare sostegno e direzione alla vita. [...] La filosofia qui [in India] non è una forma di ginnastica, non è il monopolio dei colti, non è riservata alle accademie, alle scuole, ai 'filosofi'. La filosofia in India è parte della vita, è il filo di Arianna con cui uscire dal labirinto dell'ignoranza. La filosofia è la religione grazie alla quale gli indiani contano di raggiungere la salvezza che nel loro caso è conoscenza. Non la conoscenza 'utile', quella per manipolare, possedere, cambiare, dominare il mondo (la scineza non è mai stata il loro punto forte); bensì, come dicono i testi sacri, 'quella consocenza che una volta conosciuta non lascia più niente da conoscere': la conoscenza di sè."

da pg. 348:
"Viviamo come se questo fosse il solo dei mondi possibili, un mondo che promette sempre una qualche felicità. Una felicità a cui ci avvicineremo con un progresso fatto sostanzialmente di più istruzione (che istruzione!), più benessere, e ovviamente più scienza. Alla fine dei conti tutto sembra ridursi ad un problema di organizzazione, di efficienza. Che illusione! Ma è così che ci siamo tarpati le ali della fantasia, che abbiamo messo il bavaglio al cuore, che abbiamo ridotto tutto il mondo al solo mondo dei sensi, con questo negandoci l'altra metà."

da pg. 349:
"In questa percezione di due entità distinte - colui che vede e ciò che viene visto, colui che conosce e ciò che viene conosciuto - è radicata la perpetua insoddisfazione dell'uomo. E la sua tristezza."

da pg. 403:
"Ogni luogo, ogni avvenimento ha un suo significato psichico al di là di quello apparente; perchè a ogni immagine esteriore corrisponde un'immagine interiore che evoca in noi una realtà molto più vera e profonda di quella vissuta dai nostri sensi."

da pg. 432:
"[...] Ognuno fa di ogni cosa - un posto, una persona, un avvenimento - quello che vuole, quello di cui, in quel momento, ha bisogno. E niente, niente come la fantasia aiuta a vedere la realtà."

da pg. 442:
"Il dolore è amaro, il desiderio è dolce, la rabbia è piccante, l'ingordigia è salata [...]"

da pg. 480:
"Se la biodiversità è necessaria alla vita della terra, la diversità culturale è indispensabile alla salute psichica dell'uomo."

da pg. 487:
"Questo è davvero qualcosa in cui in Occidente dovremmo riflettere di più. Il nostro concetto di morte è sbagliato. Leghiamo troppo la morte alla paura, al dolore, alla tenebra, al nero: esattamente il contrario di quello che succede nella natura in cui il sole muore ogni giorno in una gioiosa esplosione di luci, in cui le piante d'autunno muoiono al meglio di sè, con una grandiosa esuberanza di colori. Dovremmo forse dirci, alla maniera dei Teduray, che moriamo solo quando abbiamo deciso noi, o dovremmo, alla maniera dei tibetani, considerare la morte non come il contrario della vita, ma semplicemente come l'altra faccia della nascita, come una prota che, vista da una parte, è l'ingresso, dall'altra è l'uscita."

da pg. 515:
"La vera conoscenza non viene dai libri, neppure da quelli sacri, ma dall'esperienza. Il miglior modo per capire la realtà è attraverso i sentimenti, l'intuizione, non attraverso l'intelletto. L'intelletto è limitato."

da pg. 518:
" 'Quando l'allievo è pronto il maestro compare', dicono gli indiani a proposito di un guru, ma lo stesso è vero di un amore, di un posto, di un avvenimento che solo in certe condizioni diventa importante. Inutile cercare le ragioni, andare a caccia di fatti e spiegazioni. Noi stessi siamo la riprova che c'è una realtà al di là di quella dei sensi, che c'è una verità al di là di quella dei fatti e se ci ostiniamo a non crederci, perdiamo l'altra parte della vita e con quella la gioia, appunto, del mistero."

da pg. 542:
"Noi non 'sentiamo' più la natura, non la prendiamo sul serio, non la usiamo più come maestra. Eppure è lì, un grande museo senza orari e senza guardiano, un'università aperta a tutti, con lezioni a ogni ora del giorno e della notte."



Serve dire che consiglio questo libro a chiunque?

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